www.animalinelmondo.com
il portale al servizio degli animali
no vivisezione
no vivisezione
leggi e norme
leggi e norme
libri sugli animali
libri sugli animali
news
news
appelli e petizioni
appelli e petizioni
cura e salute
cura e salute

La tratta dei cuccioli dall'Est

Come evitare truffe e inconsapevoli complicità

State per acquistare un cagnolino o una micetta? Attenzione a chi vi rivolgete, per non alimentare, inconsapevolmente, l’orribile tratta dei cuccioli dall’Est europeo.
Già, perché in Italia molti negozi, alcuni sedicenti allevamenti e quasi tutte le “fiere del cucciolo” si riforniscono di cuccioli provenienti da Ungheria, Romania, Polonia e dagli altri paesi. Che c’è di male? Che le bestiole vengono allevate male, comprate per due soldi e ammassate a decine in camioncini senz’acqua, senza cibo, per migliaia di chilometri, dall’Est europeo fino alle nostre frontiere e oltre. Sono cuccioli di pochi giorni di vita, e muoiono come mosche.

La tratta
Come avviene questo mercato? Basta andare in una piazza di mercato di Budapest o di qualche altra città ungherese, polacca o ceca. Ci sono gli importatori italiani, che arrivano con i furgoni, c’è il mediatore, ci sono i “produttori” locali, con la “merce” da piazzare, che arrivano in trattore dalle campagne circostanti: si tratta di allevatori di pecore o contadini, che sanno ben poco di allevamento di cani, di razze, di genealogia, men che meno di diritti degli animali. Infine c’è il veterinario ungherese (o polacco ecc.) che arriva con un tavolino, pieno di fogli e timbri. Inizia la contrattazione. I contadini magnificano la loro merce, il traduttore traduce, gli italiani abbassano il prezzo. Quanto? In genere, sui 25 Euro a “pezzo”. Per pezzo si intende un cucciolo di uno o due mesi appena strappato alle cure della mamma. Verrà rivenduto in Italia a dieci volte tanto. I documenti di espatrio, sostengono alcune associazioni animaliste che si sono occupate della vicenda, vengono fatti al momento dal veterinario, che spesso timbra libretti di vaccinazioni mai fatte. Di vaccini nemmeno l’ombra, d’altronde, al veterinario non importa, i cuccioli stanno per uscire dal suo Paese. Conclusa la tratta, l’importatore italiano paga in contanti i contadini e il traduttore, lascia una mancia al veterinario e carica sul furgone la sua mercanzia.

Il viaggio
Poi il viaggio. Sovente un’ecatombe. Imballati come saponette, dentro cassette di cartone o di legno, ammassati, al buio, senz’acqua né cibo, i cuccioli arrivano a destinazione dopo trenta-trentacinque ore di viaggio, in condizioni igieniche talvolta drammatiche.

Le frontiere

Alla frontiera sarebbe necessario verificare che i trasportatori non violino le leggi a tutela degli animali. Che sono due. La 189/2004 contro il maltrattamento di animali e il decreto legislativo 532/92 per la protezione degli stessi durante il trasporto. “Ma i controlli e le visite alla frontiera sono quasi inesistenti”, sospirano gli amici degli animali. “Le autorità italiane si limitano a operazioni doganali di tipo cartaceo”, sostengono le associazioni. “Se un camionista mostra il certificato sanitario di un veterinario di Breslavia, i doganieri come possono controllare che non sia falso? E chi scaricherebbe un Tir che trasporta casse di birra o di legname per vedere se nasconde una cucciolata che non abbaia perché imbottita di tranquillanti?”. E poi c’è carenza di personale. Così i veterinari di frontiera, quando va bene, aprono il camion o il furgoncino, danno un’occhiata, e richiudono. Fine del controllo.

Ufficio Diritti degli Animali Provincia di Milano

Pagina: 1 - 2


Notizia stampata il 09 Oct 2025 su www.animalinelmondo.com il portale al servizio degli animali