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Diego

...E tirarono fuori da quelle scuderie buie un cavallo baio chiaro, coda nera e criniera nera folta! Era così folta che si divideva a metà da una parte e dall’altra del collo muscoloso, di atleta, sormontato da una testa piccola quanto basta per essere graziosa ma proporzionata; due orecchie bordate di scuro, l’espressione mansueta e preoccupata, il labbro superiore contratto e sporgente per l’ansia, segno distintivo che avrei riconosciuto dopo e chiamato “leprotto”.
Era una creatura smarrita e soave, che indietreggiò quando alzai la mano per una carezza.
Lo montò un ragazzotto, strattonandolo allegramente al morso arrugginito e mi mostrò le abilità di quel bellissimo cavallo.Poi toccò a me.
Si chiama Diego, mi dissero. Montai, e stette immobile. Feci una lieve pressione con le gambe ai fianchi e camminò con il suo passo rapido, corto e danzante. Un’altra lieve pressione e partì ad un piccolo, confortevole galoppo.
Eravamo insieme, stavamo bene.
È stato così per anni.
Ho imparato da lui ad essere cavallo e ha imparato da me l’amore umano.
Diego è il simbolo, per sempre, degli anni migliori della mia vita.
Sono stata fortunata ad averlo conosciuto e sono contenta che sia stato mio.