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La vista del cavallo 1

Prefazione

Quanti di noi, guardando pascolare tranquillamente un cavallo, si sono domandati come questo veda il mondo? Quante volte mentre montiamo ci è capitato di subire delle brusche fermate o dei brutti scarti, e abbiamo notato lo sguardo fisso del nostro cavallo puntato su qualcosa che noi non siamo riusciti a decifrare? Perché quando lasciamo a terra una leccornia per il nostro cavallo, lui non la trova subito?

Vediamo trovare la risposta a queste domande…


Il campo visivo e gli angoli ciechi


È vitale, per un animale da preda, poter controllare la maggior parte possibile del territorio che lo circonda per individuare velocemente i possibili predatori nascosti intorno a lui. In questo il cavallo eccelle: il suo campo visivo copre 340° su 360° (contro gli appena 180° dell’uomo).
Nelle figure sotto, è possibile vedere come l’uomo e il cavallo vedono lo stesso paesaggio:

Figura 1

La copertura di tutta quest’area è determinata dalla grandezza degli occhi e dalla loro disposizione laterale. In questo modo ciascun occhio copre una zona a semicerchio e la visione sarà per la maggior parte monoculare (figura 2, area gialla): ciò che vede l’occhio destro non corrisponde a quello che vede l’occhio sinistro, e addirittura inviano le immagini ad emisferi diversi del cervello (il cavallo percepisce in pratica due realtà diverse). Questo spiega il motivo per cui, quando montiamo in maneggio per esempio a mano destra il cavallo passa tranquillamente accanto ad un bidone rosso posto sul bordo del campo, ma quello stesso bidone è visto con diffidenza quando giriamo a mano sinistra.
La visione monoculare come abbiamo visto rende possibile rilevare la presenza di pericoli, ma ha un difetto: non permette di percepire la profondità e quindi stimare le distanze. Questo aspetto viene risolto grazie alla piccola area in cui il cavallo utilizza la vista binoculare (65° - 70° circa), ossia quella in cui le due viste monoculari si sovrappongono (figura 2, area rossa).
Un esempio pratico lo abbiamo quando, per nostra disattenzione, entriamo nel paddock con eccessiva fretta. Il cavallo che pascola percepisce il movimento e la presenza di qualcuno con la vista monoculare, e prende la fuga. Appena è sufficientemente lontano dal pericolo potenziale, ecco che girando la testa può visionarlo in diverse angolazioni, valutando anche le distanze grazie alla vista binoculare. Dopo aver analizzato la situazione ed essersi tranquillizzato (in questo aiuta anche il fine olfatto del cavallo, poiché il vento porta il nostro odore sino a lui, facendoci rapidamente riconoscere), il cavallo si arresta.


Bisogna tuttavia ricordare che il cavallo ha due punti ciechi dovuti all’orientamento frontale degli occhi e alla lunghezza del muso: il primo è un triangolo di terreno che arriva fino a due metri dal muso, mentre il secondo comprende la parte immediatamente posteriore del cavallo (figura 2, area bianca).

Figura 2

L’esistenza di angoli morti spiega il motivo per cui durante i nostri primi approcci con questo splendido animale, un buon istruttore insiste sull’importanza di evitare l’avvicinamento da dietro: la zona cieca non permette al cavallo di vedere se chi si è avvicinato è un amico o un predatore, e potrebbe avere una reazione violenta verso di noi. È quindi apprezzabile farci sempre sentire prima di avvicinarci, in modo da permettere al cavallo di girare leggermente la testa per scorgerci.
Per quel che riguarda l’angolo morto sotto il muso, è rilevante spezzare una lancia in favore delle vibrisse, quei peli tattili che si trovano sotto il mento e che permettono di compensare la mancanza della vista con il senso del tatto: sono infatti le vibrisse che fanno capire al cavallo se gli stiamo porgendo una leccornia che, purtroppo, non riescono a vedere. Evitiamo dunque di tagliare questi importanti sensori tattili a favore di una dubbia estetica!
L’angolo morto deve essere tenuto conto sia nel rapporto giornaliero con il cavallo, sia mentre montiamo. Un caso concreto lo vediamo nel salto, durante la fase di avvicinamento all’ostacolo. Notiamo come l’angolo morto abbia una certa importanza, soprattutto durante la prima fase del salto:

Figura 3-4-5

Quando ci si avvicina ad un ostacolo (figura 3) il cavallo utilizza la sua visione binoculare per valutare esattamente la distanza. Quando si arriva a circa 2 metri dall’ostacolo (figura 4), l’angolo morto copre già una discreta porzione di esso. Ecco perché alcuni cavalli hanno la tendenza a girare un po’ la testa, per poter continuare a vedere le barriere. Come si può infine vedere nell’ultima immagine (figura 5) il cavallo salta completamente alla cieca.
Questo magari può farci un po’ riflettere quando siamo in sella… spesso i rifiuti del cavallo non sono semplicemente capricci insensati!
Un altro esempio lo si può fare in riferimento soprattutto al dressage attuale, dove si ricorda la pratica del roll kur, una metodologia che si basa sull'iperflessione (termine più elegante per definire un cavallo estremamente incappucciato, per un lasso di tempo significativo). Oltre al danno fisico (e psichico) che questa pratica procura al cavallo, ci si dovrebbe chiedere come questo animale possa vedere di fronte a sé con un incappucciamento così esasperato.
Speriamo che questa immagine possa far riflettere i praticanti di questa metodologia così lenitiva fisicamente e cosi limitante per la vista, che risulta ridotta a pochi centimetri davanti al muso del cavallo (figura 6).

Figura 6

Per completare il capitolo e per avere un’idea ancora più concreta del campo visivo del cavallo, la rappresentazione grafica successiva potrebbe essere d’aiuto, poiché raffigura in tre dimensioni la superficie visionata dall’animale. In azzurro si ha la parte binoculare, in verde quella monoculare ed in bianco la zona cieca (figura 7):

Figura 7

Vai alla parte 2.

A cura di Diana Camenzind


Notizia stampata il 22 Oct 2024 su www.animalinelmondo.com il portale al servizio degli animali