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Bambini e animali
Ilaria Marucelli
L’interesse dei bambini verso gli animali è molto vivo: da
un’indagine realizzata nel 2000 è risultato che il 79% dei bambini
desidererebbe avere un animale domestico. E in una ricerca svolta in
Inghilterra su bambini di 7-8 anni è emerso che essi hanno in genere un
rapporto preferenziale con i loro animali domestici, in particolare con
i cani e con i gatti. Ad esempio, dopo il miglior amico umano il
confidente preferito dei loro segreti è il cane, considerato più
importante in questo ruolo di genitori, parenti, insegnanti e compagni.
Per offrire conforto quando si è a letto ammalati la migliore compagnia
è risultata essere quella del gatto, che viene preferito anche alla
mamma; seguono immediatamente il cane, il miglior amico, i fratelli e
il padre.
Sono dati che impongono un’attenta riflessione su due versanti, quello
del rapporto del bambino con l’animale e quello del rapporto del
bambino con l’adulto. Da vari anni la letteratura psicologica mette in
evidenza l’importanza di un rapporto positivo del bambino con l’animale
per la costruzione di un rapporto altrettanto positivo del bambino con
gli esseri umani, con la natura e con la realtà in genere. In
particolare è stato evidenziato il ruolo che un rapporto positivo del
bambino con l’animale riveste nel facilitare la comprensione del
diverso (Robustelli, 2000).
Il rapporto con il diverso è uno degli aspetti fondamentali
dell’esperienza umana e per questo motivo tante ricerche psicologiche
hanno affrontato le tematiche dell’empatia, cioè della capacità di
immedesimarsi in un altro individuo sia sul piano cognitivo che su
quello affettivo. In questo contesto, il rapporto degli esseri umani
con gli animali acquista un significato particolare: essendo gli
animali diversi da noi, sviluppare nei bambini un rapporto positivo con
loro può costituire uno strumento valido per insegnare a instaurare
legami positivi anche con i propri simili.
Non vi è dubbio quindi che l’animale, proprio nella duplice natura di
simile e diverso, sia una soglia che permette al bambino di elaborare
in modo graduale i concetti di alterità, di vincolo, di diversità
(Marchesini, 2004).
La nostra società è caratterizzata da dinamiche competitive e da
rapporti di potere in cui alla base della piramide sociale ci sono gli
individui più deboli, più trascurati, più disprezzati, con meno diritti
o con nessun diritto. Ovviamente, tra questi soggetti ci sono molto
spesso gli animali. L’assumere un atteggiamento empatico nei loro
confronti, il preoccuparsi per il loro benessere, il prendersi cura di
loro, implica il sovvertimento di un modello culturale di vita che
ormai permea i nostri rapporti sociali ed è fondato appunto sull’idea,
a volte esplicitamente dichiarata e altre volte ipocritamente
sottaciuta, che l’individuo più debole debba essere la vittima dei
soprusi e del potere del più forte. E l’animale può rivestire un ruolo
molto importante in questo processo. Si tratta di attivare nel bambino
certi meccanismi di pensiero e di partecipazione affettiva che lo
abituino a immedesimarsi quanto più possibile negli altri. E, poiché
l’atteggiamento empatico fra due individui è tanto maggiore quanto più
essi si percepiscono come simili, di fondamentale importanza è
sviluppare al massimo nel bambino la capacità di individuare negli
altri ciò che essi hanno in comune con lui, a qualunque specie essi
appartengano.
In questa prospettiva il rapporto con gli animali ha un ruolo
determinante, proprio perché essi sono molto diversi da noi e quindi
l’addestramento all’empatia nei loro riguardi costituisce un esercizio
efficacissimo e permette l’acquisizione di processi di pensiero e di
partecipazione affettiva particolarmente adatti al potenziamento delle
capacità empatiche in generale.
Gli studi di Frank R. Ascione dimostrano che la crudeltà verso gli
animali spesso porta più tardi alla violenza verso gli umani. Molte
ricerche, infatti, hanno evidenziato sia il legame tra la violenza
verso gli esseri umani e quella verso gli animali, sia l’esistenza di
una correlazione tra la crudeltà manifestata durante l’infanzia nei
riguardi degli animali e il comportamento criminale violento da adulti.
Esiste quindi un ciclo della violenza: una vera e propria relazione tra
la violenza verso gli esseri umani e quella verso gli animali.
Violenza verso gli animali legata alla violenza verso gli umani. Ancora
una volta è confermata l’idea che la lotta per i diritti e per la
giustizia non va combattuta con un’ottica settoriale, ma sulla base di
una concezione globale dei rapporti tra umani e tra umani e animali e
la natura in genere.
Questo testo è tratto dal volume:
Animali non bestie Difendere i diritti, denunciare i maltrattamenti, a cura di Gianluca Felicetti, pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2004.
Per maggiori informazioni consultare il sito internet: http://www.edizioniambiente.it/eda/saggistica.htm