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Psicologia
OLTRE I CANCELLI PER L'INFERNO
Viaggio nel mondo della vivisezione
Tra
gli esperimenti di vivisezione più sadici e aberranti, molti sono stati
compiuti per ricerche riguardanti la psicologia. Un esempio classico è
quello di condizionare gli animali a compiere o evitare determinate
azioni o situazioni mediante scariche elettriche. Questo risultato si
ottiene attraverso l'elettrificazione dei pavimenti delle gabbie in cui
sono posti gli animali, oppure attraverso l'impianto di elettrodi
direttamente nel cervello. Per studiare i comportamento dei bambini,
vengono presi cuccioli appena nati, tolti alla madre e posti vicino a
fantocci, spesso con aculei (deprivazione materna). Tutto ciò per
scoprire che il bisogno di affetto nei piccoli è così grande che si
attaccano anche alle madri artificiali con aculei, tanto da provocarsi
ferite. In altri casi, si distruggono zone del cervello degli animali
per studiare malattie umane, quali la schizofrenia, che tutti sanno non
essere provocate da danni organici a carico del cervello.
Se
normalmente la vivisezione è scientificamente criticabile, nel caso
negli esperimenti in campo psicologico tale critica risulta doppia.
Infatti, non solo non è possibile estrapolare agli esseri umani i
risultati ottenuti sugli animali, ma con questi ultimi non condividiamo
nemmeno il linguaggio, ossia lo strumento principale della
comunicazione, attraverso il quale possiamo valutare gli aspetti
psicologici di una persona. Così si giunge al paradosso che uno stesso
modello animale viene considerato valido da alcuni autori per studiare
la depressione e da altri per l'ansia.
Lega Antivivisezionista (LEAL) - Via Settala 2, 20124 Milano, tel. 0229401323, av@leal.it