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Italia, popolo di cacciatori
Ennio Bonfanti
In Italia la caccia non è più un fenomeno di massa come
quarant’anni fa, ma costituisce ancora una causa, grave e consistente,
di distruzione della natura, di saccheggio della biodiversità e di
massacro per milioni di animali selvatici. Benché il numero dei
cacciatori sia in costante in diminuzione, il loro impatto sulla fauna
è pur sempre devastante. Si tratta di un vasto esercito che semina
distruzione e sofferenza: la morte imposta con la caccia è
dolorosissima, e costa la vita di almeno 100 milioni di animali ogni
anno. Ma le vittime della caccia sono molte di più perché altri animali
rimangono solo feriti e muoiono, dopo alcuni giorni di agonia e tra
atroci sofferenze, lontano dal fucile che li ha impallinati.
Dal punto di vista ambientale, poi, non si deve dimenticare un “effetto
collaterale” della caccia: l’inquinamento dei terreni con 15/20 mila
tonnellate di piombo ogni anno. I pallini delle cartucce, infatti, sono
composti di velenosissimo piombo e quando cadono nel fondo di laghi,
paludi o fiumi ne provocano una grave contaminazione; inoltre spesso
vengono ingeriti dagli uccelli acquatici che li scambiano per sassolini
e provocano il saturnismo, un fenomeno che procura una morte da
avvelenamento ai malcapitati uccelli.
La caccia costituisce anche un serio pericolo per l’incolumità delle
persone: non solo per gli stessi cacciatori, ma anche per agricoltori,
cercatori di funghi, escursionisti e frequentatori degli spazi
naturali. Per tutta la durata della stagione venatoria la tranquillità
dei campi, dei boschi e dei prati è sconvolta da battute e spari che
spesso arrivano, in disprezzo della legge e delle norme di sicurezza,
fin sulle aie e sulle porte delle case.
Questo testo è tratto dal volume:
Animali non bestie Difendere i diritti, denunciare i maltrattamenti, a cura di Gianluca Felicetti, pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2004.
Per maggiori informazioni consultare il sito internet: http://www.edizioniambiente.it/eda/saggistica.htm